IMG_1395“Lette le dichiarazioni dell’Ufficio Stampa del Comune di Benevento, le precisioni dello scrivente vanno intese solo come contributo ad una corretta informazione, senza alcuna vis polemica ma con il diritto di sottrarsi alla gogna mediatica di queste ore. Così il presidente dell’Asia, Lucio Lonardo interviene in merito alla delicata questione dell’azienda in house di Palazzo Mosti.

La decadenza del C.d.A. – scrive Lonardo – è stata deliberata in Assemblea sulla scorta di una variazione staturia dell’Azienda deliberata in Consiglio Comunale, nonostante in quella del dicembre 2016, per gli stessi argomenti ostativi ancora presenti, non si era proceduto all’atto deliberativo ovvero la mancanza dell’approvazione dei decreti attuativi della Madia in Consiglio dei Ministri e quindi della mancata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Ricordo solo a me stesso che per questi motivi nessuna azienda nazionale in house, ha proceduto a tanto.

La volontà della discontinuità è prerogativa del Socio Unico – sottolinea la nota -, ma senza mettere in discussione le capacità manageriali della vecchia gestione in quanto lo scrivente ha acquisito nei 5 anni di gestione IACP, nei dieci anni di gestione ASIA, nei tre anni di Consigliere Nazionale di Federambiente prima e di UTILITALIA dopo, avendo nel frattempo conseguito un master in pubblica amministrazione universitario, le necessarie competenze in materia. Ricordo solo a me stesso che in Sanità vengono riconosciute le competenze specialistiche per essere stati anche solo 5 anni operativi in un reparto ospedaliero afferente a quel ramo. La via di Damasco per carità non è mai stata così trafficata dai vari S.Paolo di turno come in questi ultimi tempi per cui la nomina Gesesa di questi ultimi tempi è un campanello di allarme per l’amico Abbate non avendo conseguito master aziendali in competenze idrauliche. 

La Città è indubbiamente meno pulita in questi ultimi tempi per 2 ordini di fattori sfuggiti al redattore del Comunicato del Comune ma che non sarebbero sfuggiti al Sindaco di cui riconosco l’onestà intellettuale nel non cercare alibi ad ogni costo :
1) la riduzione del correspettivo economico del Socio Unico all’Azienda ha comportato minori ore dedicato allo spazzamento comparabili al venir meno di 25 unità di operatori ecologici a tempo pieno;
2) la chiusura dell’impianto di Casalduni e la sua apertura a singhiozzo ancora non consente un ripristino completo dell’attività di recupero della frazione indifferenziata. Tra l’altro non è responsabilità aziendale se l’Asessore al bilancio ha deciso di sottoscrivere un accoro per riconoscee il debito alla SAMTE solo dopo il manifestarsi della chiusura dell’impianto già preannunciato un mese prima del vericarsi dell’evento.

Le storie si possono aprire e si possono chiudere, panta rei,tutto cambia, sta alle intenzioni degli addetti ai lavori lasciare che le acque defluiscano seguendo il corso naturale o provocarne la tracimazione (non me ne voglia Abbate se per un momento gli ho tolto il mamagement in materia!).