Di seguito la lettera con la quale Daniele Capossela si dimette da presidente del Toro Club Benevento Pedro Mariani.
Dodici anni fa decisi di cimentarmi in un’impresa che sembrava all’apparenza impossibile, fondare un club di tifosi nella mia città, Benevento. Cosa poteva esserci di così straordinario nella mia idea? Nulla se il club fosse stato dedicato alla squadra della mia città o al Napoli piuttosto che Inter o Milan. Non ci sarebbe stato nulla di straordinario. Il problema era che mi ero messo in testa di fondare un club dedicato al Toro, il Toro Club Benevento. Quanti tifosi del Toro avrei potuto trovare nella mia città? Uno, due al massimo. Uno di questi, era un giornalista, Luca Maio, che non conoscevo personalmente. Lo contattai, spiegando ciò che mi ero messo in testa e le mie difficoltà nel reperire un certo numero di tifosi per dar vita al club. Lui mi disse che tutta la sua famiglia era granata: otto tra zii e cugini. Bene, il club si fa. Siamo in dieci, si fa. Due folli? No, semplicemente due innamorati pazzi per una squadra che ha segnato la storia del calcio italiano, folgorati da quella meravigliosa impresa del Toro del 1976: noi a nove anni ci legammo alle gesta di gente legata alla maglia come Pecci, Zaccarelli, Graziani, Claudio Sala o Pulici su tutti. E così, in un fredda sera di gennaio decidiamo di dar vita, in maniera ufficiale, alla nostra creatura. Nacque il Toro Club Benevento “Pedro Mariani” con me Presidente. Intanto, a comando del Torino FC, era arrivato dopo il fallimento Cimminelliano, un editore (sconosciuto ai più) accolto con grande entusiasmo dalla piazza granata. Entusiasmo, rafforzato dai suoi proclami tra i quali spicca il ‘’riporterò il Toro ai livelli che merita’’. L’entusiasmo che ci trascina è devastante. Ci sentiamo come due bambini che credono alle favole ed al fatto che possano avverarsi. Il Toro Club, cresce come numero di associati, grazie alle richieste di tesseramento che ci arrivano da tifosi granata di Napoli, Caserta, Salerno e dalla provincia di Avellino. Il maggior numero di iscritti, lo raggiungiamo tre anni fa quando, in occasione di Benevento –Torino di Serie A, organizziamo l’evento ‘’TORO NELLA CITTA’ DELLE STREGHE’’. Due giorni durante i quali, allestiamo in città la mostra sul Grande Torino grazie alla collaborazione del Direttore del Museo Giampaolo Muliari. In due giorni, la mostra fu visitata da poco più di mille persone. Un successo, documentato, straordinario, che ci portò alla ribalta con articoli sui maggiori quotidiani sportivi nazionali e non. Ecco, quei due folli avevano concretizzato quel sogno impossibile. Ma, mentre i sogni possono diventare realtà, per le favole soprattutto quelle belle, difficilmente succede lo stesso. E così quei due bambini che credevano alle favole, nel frattempo hanno raggiunto la consapevolezza che spesso si tramutano in realtà le favole più tristi. Realtà, come quella del Toro di oggi, dominata dal signor “Mangiafuoco”, il cattivo della favola di Collodi, che è in possesso di burattini dei quali muove i fili a proprio piacimento, raccontando nel suo teatrino la storiella che più gli aggrada e gli fa comodo, proprio come è successo e sta succedendo al Torino. Ma oggi, a differenza di qualche tempo fa, ai teatrini e alle loro storielle non credo più. A 52 anni, la vita ti ricorda che non sei più bambino e non puoi credere più alle favole. Così, dopo 12 anni di presidenza del Toro Club Benevento, spesi a metterci la faccia, a rivendicare la propria fede a 1000 chilometri di distanza, spesso irriso dagli sfottò degli altri, ho deciso di mollare. Rassegnare le dimissioni, per dare una segnale forte contro Mangiafuoco, che si è impossessato in maniera indegna del Toro (perché non bastano i soldi a far diventare tua qualcosa che appartiene nell’animo e nel cuore alla gente) prendendolo in ostaggio offendendo la dignità dei tanti tifosi granata sparsi in tutta Italia. Mille chilometri che mi dividono dalla squadra del mio cuore. Per questo dico basta e rassegno le dimissioni da presidente del mio club. Come forma di protesta. A chi possa interessare questa mia scelta non so, forse a nessuno, ma è un segnale che ho voglia di dare, come un urlo in un bosco isolato che nessuno ascolterà. Una decisione presa con grande dolore, proprio per la storia che vi ho raccontato del mio club. Ma, dopo 15 anni di nulla, di fandonie, promesse mai mantenute, di mortificazioni mai provate come uno storico 0-7 casalingo che resterà negli annali del calcio più di uno scudetto conquistato, uno 0-4 contro una neopromossa, un 1-2 con l’ultima in classifica e soprattutto nel vedere gente che quella maglia, una volta granata e oggi sbiadita anche nel suo colore reale, indossa indegnamente non rispettandola, di quel logo sul petto che una volta era un toro ed oggi un indicibile stemma dove il Toro a malapena si intravede. Mi son fatto l’idea, che questo Torino non mi appartenga più per colpa sia di chi quella maglia dovrebbe togliersela e chiedere scusa, sia per colui che indegnamente ne rivendica la proprietà e crede di poterne fare ciò che vuole. La mia non può essere vista come una resa (non mi arrendo mai), ma deve essere vista come una battaglia, una battaglia contro chi il Toro lo sta facendo morire. Perché sia chiara una cosa, la mia fede granata resterà per sempre come un marchio indelebile, è la passione che qualcuno mi sta facendo spegnere ma che potrebbe sempre riaccendersi nel momento in cui Mangiafuoco libererà da quegli orribili fili i suoi burattini, regalandogli la libertà.