rifiutiLa Guardia di Finanza di Benevento ed il Corpo Forestale dello Stato hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti di Pierluigi Accornero, presidente della società ‘Accornero srl’ già spa, e del figlio Massimo, amministratore delegato della stessa azienda ed amministratore delegato, fino al 2000, della ‘Mi.Mer srl’.
L’ordinanza è stata emessa dal gip del Tribunale di Napoli, su richiesta dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia e della sezione criminalità ambientale della Procura di Napoli. 
I delitti contestati riguardano la gestione di un ingente traffico di rifiuti speciali organizzato dai due, in qualità di titolari delle imprese ‘Accornero srl’, che si occupa di estrazione di minerali, produzione e successiva commercializzazione di sabbie silicie, e ‘Mi.Mer srl’, con la stessa ragione sociale, poi incorporata dal 2004 per fusione alla Accornero srl, in modo che Pierluigi Accornero diventava presidente del Consiglio di Amministrazione e il figlio, Massimo, amministratore delegato.
Secondo le risultanze delle investigazioni, il traffico illecito organizzato di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, residui della lavorazione di fanghi di argilla, risulta collegato all’esercizio dell’attività dei due arrestati, autorizzata sin dal 1999 dal Corpo delle Miniere del Distretto di Napoli, allo sfruttamento del sito minerario di rocce feldspatiche alla località Battaglia, nel comune di Castepagano.
Le indagini, articolatesi lungo l’arco di oltre un anno, hanno posto in evidenza come l’impresa, dopo aver svolto la lavorazione dei minerali estratti presso lo stabilimento industriale di località Escamare di Riccia, in provincia di Campobasso, provvedeva a far trasferire i rifiuti speciali, derivanti dal processo produttivo, sversandoli abusivamente nel territorio beneventano sia presso terreni di privati, che presso un’ex cava e, da ultimo, presso la miniera di Castelpagano, in violazione della normativa concernente la tracciabilità dei rifiuti, omettendo anche di procedere al doveroso trattamento ed al rimboschimento del sito adibito a sfruttamento e violando così le prescrizioni contenute nella concessione amministrativa.
Il tutto è stato reso possibile, per oltre un decennio anche grazie al comportamento infedele di pubblici funzionari, della Regione Campania e dell’Ufficio ex Genio Civile di Benevento, e di alcuni autotrasportatori privati che si sono resi funzionali nel processo di progressiva trasformazione in discarica di un importante sito boschivo della provincia.
Fra i reati contestati, anche le ipotesi di abuso di ufficio, falso in atto pubblico e le violazioni delle norme a tutela del paesaggio.